13 ago 2010

La favola di Destino e Vita

«Mamma, mi racconti ancora la favola di Destino e Vita?»
Luca mi guarda aspettando un mio cenno d’assenso; gli occhioni sgranati, i capelli pettinati ordinatamente con la scriminatura a sinistra, il cappuccio della felpa piegato sulle spalle. E' nato trentasei anni fa, eppure per lui il tempo si è fermato, lasciando nel suo fisico esile e nello sguardo sognante le fattezze del bambino spensierato che doveva frequentare la prima elementare alla scuola Filzi di Tavernola.
Carlo, qualche metro più in là, ci osserva attento e protettivo. Sotto i pesanti baffi neri riesco a scorgere un sorriso che si affaccia ad alleggerirgli il volto severo. Oggi è un po’ arrabbiato, mio marito. Per la prima volta dopo tanti anni nessuno è venuto a trovarci; aspetta con fiducia incrollabile, da troppo tempo, che qualche politico si ricordi di noi e ci trascini fuori dall’oblio in cui siamo caduti. Io invece non ci spero più. Chiamo Luca e gli accarezzo una guancia, facendo scorrere il pollice sotto il suo mento un po’ appuntito, mi siedo e con un gesto della mano lo invito ad accomodarsi accanto a me. E come ogni anno, gli racconto la favola di Destino e Vita.

«Destino e Vita decisero di partire insieme un venerdì d’agosto, di tanti anni fa.
C’era il sole, l’estate era scoppiata e a Tavernola tutti erano già partiti per le vacanze. Vita voleva andare al mare, aveva sentito in televisione che a Marina di Mandria, vicino Taranto, c’era un bellissimo villaggio dove l’acqua era limpida e cristallina. Così telefonò al suo amico fraterno, Destino, e gli disse che la macchina era già pronta, le valigie erano state sistemate sul portapacchi e che il giorno prima aveva fatto il pieno di benzina.
- Partiamo insieme, Destino, andiamo al mare. Cosa ci rimaniamo a fare, qui? Se ne sono andati tutti… Un po’ di vacanza farà bene anche a noi, ultimamente siamo stati sempre così occupati che non ci siamo concessi nemmeno un minuto per noi…
- Non lo so Vita, dovrei finire un lavoro, non so se posso mollare tutto e andarmene, così… all’improvviso…
- Dai, chi vuoi che se ne accorga! Siamo in agosto, non c’è più nessuno qui a Tavernola, e poi si tratta solo una settimana…
- Fammi fare una telefonata e ti saprò dire.
Destino la richiamò poco dopo, e accettò l’invito di Vita. Si diedero appuntamento per quel pomeriggio stesso; Vita passò a prenderlo puntuale come un orologio svizzero, e s’incamminarono insieme lungo l’autostrada, nella loro centoventotto con il portapacchi carico di bagagli e speranze.
Quando scese la sera, Destino e Vita decisero di fermarsi per mangiare, ma proprio mentre Vita stava per mettere la freccia e svoltare in un’area di servizio, un’auto da dietro li tamponò, costringendoli a fermarsi nel bel mezzo dell’autostrada. Destino, che nel corso degli anni aveva imparato tante cose, tirò fuori tutte le sue conoscenze meccaniche e capì subito che il guasto sarebbe stato difficile da riparare in tempo breve. Così propose a Vita di chiamare il carro attrezzi e fermarsi a dormire in città, per ripartire il giorno successivo.
Si caricarono i bagagli sulle spalle e mentre il carro attrezzi portava la loro auto in officina, Destino e Vita s’incamminarono verso uno degli alberghi più economici della città, dove trascorsero la notte.
La mattina seguente il meccanico li svegliò di buon’ora con una telefonata, e gli disse che per riparare l’automobile ci sarebbe voluta almeno una settimana. Destino non si perse d’animo, e prontamente propose a Vita una soluzione per raggiungere lo stesso la Puglia.
- Potremo lasciare l’automobile qui e andare in treno, che ne dici? Torneremo a prenderla alla fine delle vacanze.
Vita lo osservò pensierosa, non del tutto convinta. Improvvisamente sentiva che qualcosa non andava, che qualcosa la spingeva con forza a tornarsene a casa.
- Non lo so, Destino… e se fosse un segno? Se qualcuno ci stesse avvisando di non partire?
- Cosa vuoi che succeda… e poi ormai è tutto pagato, non lasciamoci vincere da uno stupido contrattempo.
E alla fine Vita si convinse e lo seguì. Andarono di corsa alla stazione lasciando tutti i bagagli in albergo. “Prendiamo solo questa, basterà per entrambi”, le aveva detto Destino impugnando una delle borse che avevano portato e che lui stesso aveva svuotato e riempito nuovamente con pochi indumenti e tanti costumi; guardarono gli orari dei treni e si accorsero che l’unico treno diretto in Puglia fermava solo a Brindisi.
Destino entrò nella sala d’aspetto di seconda classe, mise cinque gettoni in un telefono e disse poche parole. Poi tornò verso Vita con un gran sorriso.
- Sei pronta per i più bei bagni che tu abbia mai fatto, Vita? Verrà a prenderci qualcuno del villaggio alla stazione di Brindisi, non preoccuparti. Mare, aspettaci, stiamo arrivando!
Faceva caldo, quel sabato in stazione. C’erano tantissimi ragazzi seduti sulle panchine dei binari carichi di zaini e borse colorate in attesa del treno che li avrebbe portati finalmente in vacanza; c’erano nonni che aspettavano nipotini che non abbracciavano da almeno undici mesi, fratelli che aspettavano sorelle che salivano dalla Sicilia per conoscere le loro cognate. Erano tutti felici. Qualcuno fumava impaziente, qualcuno si rovesciava una bottiglietta d’acqua sulla testa per rinfrescarsi. Erano solo le dieci e venti, eppure il caldo e l’afa erano già padroni incontrollati di quel torrido sabato d’agosto; Vita, camminando lungo il binario uno, intravedeva gli altri viaggiatori che tremolavano attraverso il calore che saliva dalle rotaie arroventate.
Poi, d’improvviso, un boato cupo e devastante rimbombò nelle sue orecchie, e intorno a lei fu solo una pioggia di frammenti di vetro e metallo che cadevano sulla folla come proiettili impazziti. Intorno a lei fu solo distruzione, morte e dolore. Le borse e gli zaini colorati dei ragazzi seduti sulle panchine erano stati squartati e scaraventati a centinaia di metri; il pavimento grigio del binario uno era macchiato di sangue, l’azzurro del cielo aveva lasciato posto a una pesante nube nera di fumo, dalla quale uscivano urla, gemiti e lamenti. Le sirene delle ambulanze e dei pompieri risuonavano feroci in quell’aria satura di elettricità e terrore. Vita si coprì la bocca con le mani per proteggersi dal fumo, provando a farsi strada a stento in quel marasma di corpi arsi e terrorizzati. Cercava di raggiungere Destino, che era in piedi a pochi metri da lei, senza nemmeno un graffio e senza un briciolo di paura negli occhi; Vita si accorse che Destino non aveva più la borsa con sé.
- L’ho lasciata su un tavolino, nella sala d’aspetto di seconda classe. – le disse.
E sentendo quelle parole, Vita capì finalmente che Destino, quel sabato mattina alla stazione di Bologna, aveva portato a termine quell’ultimo lavoro che non voleva lasciare in sospeso prima di partire.»

«Mamma, ma alla fine Destino e Vita ci sono andati, in vacanza, a Marina di Mandria?»
«Sì amore, ci sono andati. E lì hanno trascorso la vacanza più bella che si possa immaginare, hanno nuotato, bevuto aranciate sotto chioschi dal tetto di paglia, mangiato gelati dentro noci di cocco, ballato lungo la spiaggia e cantato davanti ai falò di mezzanotte.»
«E noi, mamma, noi ci andremo mai in vacanza al mare? Quanto tempo ancora dovremo stare qui, in queste bare di legno, prima di poter finalmente fare quel bagno nell’acqua limpida e cristallina che dovevamo fare trent’anni fa, quando siamo partiti da Tavernola?»
«Non lo so, amore.»
Carlo piange, ma di nascosto, per non farsi vedere. Poi si asciuga le lacrime con la manica della camicia, si alza, ci raggiunge, e ci stringe in un abbraccio pieno di cose non dette. Anche questo 02 agosto, insieme alla favola di Destino e Vita, se n’è andato senza rispondere a nessuna delle domande di Luca.

Quanto tempo dovrà ancora passare prima che Luca, Anna Maria e Carlo ottengano quella risposta che cercano ogni anno, da trent’anni? Quanto tempo dovrà ancora passare prima che Luca, Anna Maria e Carlo ottengano giustizia?

ANNA MARIA BOSIO IN MAURI (28 anni)
CARLO MAURI (32 anni)
LUCA MAURI (6 anni)

Carlo, il padre; Anna Maria, la madre; Luca il figlio di 6 anni: erano una famiglia felice che è stata spazzata via dalla bomba.


Il venerdì erano partiti in automobile da Tavernola, una ridente frazione di Como affacciata sul lago, per raggiungere un villaggio turistico a Marina di Mandria, in provincia di Taranto. In autostrada, quasi alle porte di Bologna, sono stati tamponati. Verso mezzanotte è arrivato il carro attrezzi che li ha trainati sino ad un'officina di Casalecchio: lì hanno passato tutta la notte in auto, alla meno peggio.
Carlo che si intendeva di motori perché era perito meccanico, aveva capito che si trattava di un guaio grosso: ne ha avuto la conferma all'apertura dell'officina. Una telefonata al villaggio per dire che sarebbero arrivati in treno e chiedere se qualcuno poteva andarli a prendere a Brindisi, poi, via di corsa in stazione. Sono arrivati in Centrale poco prima dell'esplosione, e sono morti tutti e tre, tra le macerie del primo binario.

In memoria di tutte le vittime della strage della stazione di Bologna, 02 agosto 1980.

2 hanno detto:

Anonimo ha detto...

Ciao Nayan, bella struttura narrativa. Inizio morbido, disvelamento drammatico. Sogni una vacanza, continui a sognare nella bara di legno. Nell'intervallo, il Destino.

Enrica ha detto...

Grazie Anonimo :*

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