25 ago 2010

La notte

Liberamente ispirato dalla canzone "La notte" di Adamo.

Un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, nulla.
Nulla.
Nulla.
Nulla.
"Svegliati Daniele, è solo un incubo, svegliati."
Il volto assonnato di Valentina mi strappa alla tua immagine che scompare.
"Cosa stavi sognando?"
"Nulla."
"Vado a prenderti un bicchiere d'acqua?"
"No, no, è passato. Dormi."

Valentina non immagina che il mio personalissimo Freddie Kruger sei tu, Laura. Non sa che ogni notte per un istante riappari, mi chiami e mi tendi le mani, e proprio quando sto per afferrarle ti allontani felice, lasciandomi in preda alla tua ossessione.
E' stato un errore chiederle di rimanere da me. Ancora una volta ho lasciato che a decidere fosse un organo sprovvisto di materia grigia. Sono stato un perfetto idiota a illudermi di esorcizzare il passato coprendolo con un presente squallido, arido di emozioni, ancorato a un ricordo che non vuole svanire.
Valentina si gira dandomi le spalle e riprende il suo sonno, la guardo addormentarsi rapidamente, è tranquilla.
Asciugo il sudore che imperla la mia fronte e guardo la sua innocenza, l’ingenuità di un corpo talmente giovane da non aver bisogno di lingerie, da non vergognarsi del suo pigiama con i pantaloncini pieni di farfalline.
Lei non ha paura di niente. Non conosce l’urlo della coscienza che ti martella le orecchie quando rimani solo con te stesso.
Guardo lei e mi manchi tu, che anche stanotte hai fatto sì che mi svegliassi, forse per domandarmi cosa diavolo ci sta a fare questa ragazzina qui, accanto a me.
Mi sembra di sentire la tua voce tremante mentre mi dici che potrei essere suo padre. Osservo la pelle liscia delle sue spalle che brilla ingenua, illuminata dal candore dei suoi vent'anni ancora da compiere.
La guardo e la paura torna a stringermi la gola, perché è per situazioni come questa che ti ho persa per sempre.
Ma come posso spiegare a Valentina che lei è qui soltanto perché tutto quello che mi rimane di te è un sogno che torna tutte le notti? Come posso spiegarle che di notte ti vedo e torna la speranza che tu sia con me, che tu abbia deciso di perdonarmi? Brucerei tutti i suoi sogni, tutte le sue illusioni.
Ha la metà dei miei anni, chi sono io per permettermi di distruggere i suoi stupidi castelli di carte?
Se le dicessi la verità probabilmente deciderebbe di andarsene in piena notte, magari si metterebbe solo le scarpe da ginnastica sotto al pigiama e mi lascerebbe qui, libero di abbandonarmi a te senza sensi di colpa.
Oppure metterebbe la dignità sotto le suole delle Converse e resterebbe a elemosinare la vicinanza di un uomo che le ha mentito, che le ha detto ti amo solo per portarsela a letto. E lo squallore non avrebbe mai fine.
Volevo sentirmi ancora il vecchio Daniele, quello che ero prima di te. Durante te. E che non sono più riuscito a essere dopo di te. Quello che dopo aver fatto sesso si accende una sigaretta e si gira dall’altra parte, quello che non dà mai il bacio della buonanotte, quello che la mattina dopo si alza per andare a lavoro senza nemmeno farsi sentire.
Ma tu non me lo permetti, anche stanotte sei emersa dai miei incubi, non hai intezione di lasciarmi in pace nemmeno quando sto con un’altra donna.
E se il giorno posso non pensarti, preso come sono dai miei tanti impegni di lavoro, dal mio quotidiano che cerco di riempire con mille vuoti a rendere, la notte maledico te e il tuo sorriso, perché non riesco a fare a meno di vederti, di sentire la tua voce che fende il buio con parole abortite, proprio mentre stavano per nascere, per poi spegnersi nell'eco di un amaro nulla.
Nulla.
Nulla.
Nulla.
Vaffanculo Laura.
Tu che ora vivi tranquilla la tua nuova storia con quell’altro che mi fa impazzire, che ti scalda i piedi dentro il letto, che ti copre con un plaid quando ti addormenti davanti a un film romantico, che ti apre la portiera dell’automobile prima che tu ci salga su.
Tu con tutte le tue paranoie, con il tuo caffè bruciato, con la tua ipocondria, con le tue rotture di scatole, con la tua pasta scotta, con la tua luce sul comodino sempre accesa.
Tu che per due anni mi sei rimasta accanto anche quando io stesso mi sarei mandato via a calci nel culo.
Tu che hai pianto in silenzio settecento notti di domande senza capire cosa avessi che non andava, senza capire perché a quest’uomo non bastavi mai.
Tu che sei stata tradita, ferita, delusa, che con me non hai mai avuto quello che volevi.
Tu che non hai mai avuto un uomo che ti portasse al centro commerciale di sabato pomeriggio, al mare le domeniche di luglio, che non si accorgeva se compravi un vestito nuovo.
Tu che hai deciso di distruggere la mia vita con poche parole senza eco, tu che ora ti diverti a tormentarmi tutte le notti.
Tutti i miei amici mi hanno detto esci, svagati, non ci pensare. Prenditi un sonnifero omeopatico per riposare meglio. Scopati una ventenne, vedrai che quando ti chiederanno di Laura non ricorderai nemmeno chi sia.
Ma la notte tu mi appari immensa, e quando tento di afferrarti le pasticche omeopatiche e le scopate post-adolescenziali si dissolvono tra le mie dita, come il tuo corpo etereo.
Lo so, è solo colpa mia.
“Trovati uno svago” - ti ho detto - “non essere così ossessiva, non starmi sempre addosso.”
L’hai trovato il tuo svago. Uno svago di un metro e novanta per ottantacinque chili.
“E’ finita” - mi hai detto – “tornerò a prendere le mie cose, prima o poi.”
Quel poi è durato una settimana, ti ho implorata di tornare di me, e non sai quanto mi è costato mettere da parte tutto il mio orgoglio.
“Ho sbagliato, lo so, ma ora ho capito, sto male senza di te, sono cambiato.”
“Tu non cambierai mai, Daniele. Mai.”
Dicono che se ami qualcuno devi lasciarlo lilbero. Ci ho provato, ma tu mi hai reso schiavo, ingabbiato nella tua immagine che tutte le notti torna a trovarmi per ricordarmi tutti i miei errori.
Ti ho richiamata, di nuovo, quella volta sei stata tu a implorarmi.
“Lasciami in pace, Daniele, ti prego. Non ti è bastato tutto il male che mi hai fatto?”
Non mi basta, Laura, non può bastarmi se poi quando spunta l’alba c’è solo vuoto intorno a me.
Ho persino chiesto al mio medico se esistesse un farmaco che mi tenesse sveglio il più a lungo possibile, per non addormentarmi più, per non essere costretto a rivederti ogni notte.
“Ne ho sentite tante in vent’anni di onorata carriera” – mi ha detto guardandomi come se fossi appena scappato dal Centro d’Igiene Mentale – “ma questa onestamente mi mancava.”
Parla bene lui. Per me è una tortura, la notte mi fa impazzire. Ogni notte mi illudo che tutto stia per ricominciare, che lo sguardo colmo di passione che mi rivolgi sia finalmente reale, ma il mio sangue si fa ghiaccio quando ridendo ti allontani.
E anche questa notte sta per finire, tra poco il sole si affaccerà alla mia finestra riportandomi alla realtà. Tra poche ore Valentina se andrà senza sapere nulla di te, di noi. Del nostro amore naufragato tra i sedili di una Lancia Y blu. Dei miei pensieri paranoici che tutte le notti mi tengono sveglio.
Tra poche ore sarà tutto finito, di nuovo, e tutto ricomincerà, di nuovo.
E quando il giorno splende in piena pace tu ritrovi l’altro, quell’altro che mi fa impazzire, che ha saputo regalarti la vita che io non sono stato capace di regalarti, mentre io resterò ad aspettare impaziente che il buio torni a riempire tutti i miei silenzi, per poterti sognare ancora, per poterti vedere di nuovo, un’altra volta, e sperare che svegliandomi tu non svanisca più.
Ti amo, Laura. Ma la notte mi fai impazzire.

1 hanno detto:

Anonimo ha detto...

"La notte tu mi appari immensa...il giorno posso non pensarti" Brava Aragona.

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