11 ago 2010

Lo specchio

Claudio e Manuela avevano appena terminato il giro dei centri commerciali previsto per ogni sabato mattina, una diabolica abitudine che non avrebbero perso per almeno altri sei mesi, e si avviavano ormai verso casa quando l’attenzione della donna fu catturata dalla vetrina di un negozietto di mobili, dove un grande specchio dalla cornice di bambù le strizzava l’occhio sussurandole “comprami”.
«Amore, lo prendiamo? Costa solo duecentotrenta euro… è un affare! Ci starebbe da dio nella nostra camera da letto, non trovi?» - Manuela si era aggrappata al braccio di Claudio come una bambina che voleva lo zucchero filato.
«Manuè, ti prego… non ne posso più! È tutta la mattina che mi trascini da un lato all’altro della città, guarda che il matrimonio è fra sei mesi, non fra sei ore, mica dobbiamo arredare tutta casa oggi! E poi… ma l’hai visto bene? Più di duecento euro per un pezzo di vetro con una cornicetta di legno?»
Ma Manuela l’aveva già preceduto all’interno del negozio, lasciandolo sbraitare per poi intimargli di entrare immediatamente.
E quando Claudio, attraverso la vetrina, si accorse delle fattezze della commessa, non se lo fece ripetere due volte.
Ad accoglierli c’era una donna sui trentacinque anni, con un aderentissimo tailleur beige che ne esaltava l’abbronzatura, gonna appena sopra il ginocchio, un paio di sandali dorati con tacco a spillo, camicia bianca elasticizzata sbottonata fino all’incavo dei seni, perfettamente tondi e meravigliosamente grandi.
L’acconciatura tirata in uno chignon metteva ancor di più in mostra il trucco deciso, con l’ eye-liner che disegnava una curva perfetta sulla palpebra decorata dall’ombretto color sabbia brillante; le sopracciglia erano sottili e ben arcuate, la bocca morbida e carnosa dipinta da un lucidalabbra rosso acceso la rendeva polposa e invitante.
La donna schiuse le labbra mostrando un sorriso perfettamente bianco, sembrava la testimonial di uno spot sui dentifrici.
Girò attorno alla scrivania poggiando le mani sul piano di cristallo, lasciando tintinnare il bracciale d’oro bianco e mettendo in bella mostra le unghie lunghe e perfettamente decorate, saturando l’aria ad ogni suo movimento con uno stucchevole profumo di vaniglia.
Manuela, nei suoi jeans scoloriti e nella sua t-shirt bagnata di sudore sotto le ascelle, capì improvvisamente come doveva sentirsi il brutto anatroccolo.
«Posso fare qualcosa per voi?» - disse la commessa, guardando Claudio dritto negli occhi.
L’uomo non rispose, inebetito. Riusciva a vedere soltanto un corpo sodo, sicuramente modellato da anni di palestra, che lo puntava con sguardo avido.
“Questa ci sta.” – pensò.
Manuela, intuendo i pensieri dell’uomo che con tanta fatica stava per portare all’altare dopo otto anni di fidanzamento, gli rifilò una gomitata nel fianco e prese la parola.
E menomale che non gli guardò in mezzo alle gambe, altrimenti Claudio avrebbe passato un brutto quarto d’ora: la tuta acetata che indossava quel giorno tradiva tutta la sua contentezza, quella femmina da domare come una puledra selvaggia aveva risvegliato i suoi istinti, mai sopiti, da single inveterato.
«Vorremmo lo specchio in vetrina, quello con la cornice di bambù nero.» - asserì Manuela, tenendo il gomito piantato nelle costole di Claudio.
«Ottima scelta, signora. Solo che devo chiedervi di ripassare oggi pomeriggio per ritirarlo, perché il ragazzo del magazzino è già andato via per pranzo e io non ce la faccio a portarlo su da sola.» - disse indicando le scale che portavano nel seminterrato.
«Che problema c’è?» - s’intromise Claudio staccandosi dalla morsa della sua fidanzata - «ti aiuto io, e poi oggi pomeriggio non siamo in zona, meglio prenderlo subito, giusto amore?»
Manuela non replicò, limitandosi a fulminarlo con lo sguardo.
Claudio accompagnò la donna giù nel seminterrato, ricevendo in premio come dimostrazione di gratitudine, il suo biglietto da visita.
Non era una commessa, ma la proprietaria del negozio, e si chiamava Stefania.
Il corpo palestrato si chiamava Stefania.
Le tette che scoppiavano si chiamavano Stefania.
Il culo strizzato nella gonna beige si chiamava Stefania.
Le labbra da puttana si aprirono lentamente vicino all’orecchio di Claudio, sussurrandogli che poteva chiamarla quando voleva, per qualsiasi cosa. E quel qualsiasi cosa venne pronunciato in maniera inequivocabile.
Così dopo aver saldato il primo dei conti aperti con Stefania, uscì, facendo finta di nulla, mentre Manuela lo aiutava a caricare lo specchio nell’automobile.
Lo sistemarono proprio di fronte al letto, in quello che a breve sarebbe diventato il loro nido d’amore; poi Claudio accompagnò Manuela a casa dei suoi, che durante il tragitto lo bombardò di domande su cosa si fossero detti lui e quella puttanella nel seminterrato.
Ovviamente Claudio non fece alcun accenno alla conversazione con Stefania, avrebbe significato sprecare il resto della giornata in un’interminabile quanto inutile discussione, mentre lui aveva programmi decisamente diversi per il pomeriggio.
La salutò rassicurandola, sostenendo che ormai avrebbe dovuto conoscerlo… e che se si era deciso a un passo importante come quello del matrimonio, l’aveva fatto solo perché convinto di voler trascorrere il resto della sua vita con lei.
Certo, fra sei mesi però.
Nel frattempo non riusciva a togliersi dalla testa quel culo, quelle tette, quel corpo, quella bocca.
Quando Manuelà uscì dall’auto per sparire dentro al portone del suo palazzo, Claudio poggiò la mano sulla tasca della tuta, per assicurarsi che il biglietto da visita ci fosse ancora.
E appena fuori dalla portata dello sguardo di Manuela, prese il cellulare e telefonò a Stefania.
«Ciao Stefania, sono Claudio, ricordi? Quello che ha preso lo specchio poco fa.»
«Certo che ricordo… è successo qualcosa allo specchio?»
«Lo specchio sta benissimo, sono io che non sto bene per niente.»
«Non capisco…»
«Sono sicuro che invece capisci perfettamente. E se venissi lì?»
«Speravo che mi avresti chiamata» - il tono di voce di Stefania cambiò radicalmente, diventando scuro e sensuale - «vieni pure quando vuoi.»
«Anche ora?»
«Perché no? Sono ancora in negozio, ti aspetto.»
Una volta che l’ebbe raggiunta, i due si fecero portare un caffè dal bar di fronte, raccontandosi sommariamente passato, presente ma soprattutto futuro, quello più immediato.
Il barista che li servì era un pezzo di ragazzo: alto, moro, occhi verdi, abbronzato… insomma, un bel tipo, al quale Stefania non disdegnò sguardi maliziosi e doppi sensi non troppo velati.
«Ma tu fai così con tutti?» - azzardò Claudio, alludendo al comportamento fin troppo diretto di Stefania.
«Solo con quelli che mi piacciono. E lui lo conosco già.» - ammiccò la donna.
Entrambi sapevano a cosa fosse mirato quell'incontro, così terminato il caffè andarono diretti nel seminterrato, senza aggiungere altre inutili parole.
«Mi dispiace di non poterti offrire un posto più comodo, ma dobbiamo fare in fretta, io devo tornare su.»
«E io devo tornare dalla mia fidanzata.» - aggiunse Claudio, precludendo a Stefania qualunque possibilità di replica.
Evidentemente non era la prima volta che quel magazzino veniva adibito a un utilizzo diverso rispetto quello per cui era stato progettato; la donna si arrampicò su una scaletta a tre gradini e da uno degli scaffali più alti tirò fuori una scatolina blu, da cui sfilò un preservativo per consegnarlo a Claudio.
«Organizzatissima…» - replicò l’uomo con il naso all’insù, mentre osservava attentamente il perizoma di Stefania che si muoveva al ritmo delle sue natiche, fino a venirne completamente inglobato.
Mentre scendeva, Stefania si sbottonò la camicetta, e una volta a terra Claudio non le diede nemmeno tempo di voltarsi; la tenne girata di schiena costringendola a piegarsi leggermente in avanti, premendole dolcemente le mani sulla nuca, mentre lei si teneva aggrappata a una delle scatole che riempivano tutto l’ambiente.
Seguì la linea della sua spina dorsale con un dito, per poi scendere attraverso i glutei e arrivare ad alzarle la strettissima gonna, dovendo faticare non poco per superare la resistenza delle cosce sode e accaldate; tenendola per i fianchi le appoggiò il sesso, ancora costretto nella tuta, tra le natiche, facendole sentire il duro rigonfiamento bollente della sua eccitazione.
Mentre era poggiato su di lei, le mani di Claudio dai fianchi si spostarono per andare a cercare i seni, tirandoli fuori dal balconcino e lasciandoli sospesi nell’aria, per poi accarezzarli, soppesarli, tenerli sul sul palmo della mano per sentirne il calore, e poi, quando i capezzoli erano ormai duri e gonfi, strizzarli con violenza.
«Mi eccitano da morire gli uomini che sanno dominarmi» - sussurrò Stefania - «scommetto che con quel manichino che ti porti dietro lo fate solo alla missionaria, o sbaglio?»
«Sta zitta.» - le rispose, mentre con una mano l’accarezzava attraverso il perizoma, sentendo che gli umori di quella gioia inaspettata avevano già bagnato completamente il sottile filo tra le sue gambe.
Stefania non aveva poi tutti i torti; Manuela non era di certo il tipo da sveltine nei seminterrati. Ogni volta che Claudio provava a proporle qualcosa di diverso dal solito sesso, si ribellava come un vampiro di fronte a una corona d’aglio.
Immerso nei suoi pensieri peccaminosi, Claudio spostò il perizoma di Stefania e iniziò ad assaggiarla con le dita, capendo immediatamente che non ci sarebbe stato bisogno di giocare troppo con i preliminari.
Stefania avrebbe voluto girarsi e mangiarselo, tanto era vogliosa di sentirsi piena di lui, ma le forze per abbandonare tutto quel piacere le mancarono, così per una volta decise di spogliarsi dei panni di femme fatale e lasciare che fosse il suo partner a condurre il gioco. E Claudio, dal canto suo, non aveva nessuna intenzione di essere sottomesso, almeno non in quell’occasione.
«Non c’è bisogno di perderesi in preamboli idioti, a quanto pare. Sei un vulcano, in tutti i sensi.»
Claudio abbassò i pantaloni della tuta e i boxer fino alle ginocchia, liberando finalmente tutta la sua eccitazione.
«Lasciami» - provò ad accennare Stefania - «fammi girare, voglio vederlo, non compro mai a scatola chiusa.»
«Ti ho detto che devi stare zitta» - replicò perentorio, mentre infilava il preservativo - «si fa come dico io, altrimenti te ne torni su e passi il resto della giornata a pensare a cosa ti sei persa.»
Senza aggiungere altro, entrò in lei con un movimento deciso, rimanendo immobile per alcuni secondi, cercando di non farsi trascinare dall’eccitazione. Sentiva il calore di Stefania avvolgere pericolosamente il suo sesso, capì che l’unico modo per scongiurare una figuraccia era provare a trattenersi. Ma non era semplice, considerando che una delle cose che Claudio aveva sempre sognato era scoparsi una sconosciuta senza nemmeno spogliarla, senza nemmeno guardarla in faccia.
Dovette tapparle la bocca con una mano per evitare che i due clienti che aspettavano al piano di sopra capissero cosa stesse succedendo.
«Shhh» - le sussurrò perentorio, ritmando i colpi di bacino con movimenti prima lenti, poi sempre più ravvicinati, fino a trovare una combinazione perfetta. Sentì vibrare il cellulare nella tasca posteriore della tuta, ma non era certo il momento di rispondere.
Alzando gli occhi si accorse che un operaio sceso da un camion parcheggiato appena fuori dal magazzino, li osservava attraverso gli scaffali; probabilmente era l’aiutante di Stefania che tornava dal pranzo. Claudio, ancor più eccitato per quell’inattesa situazione, continuò come se niente fosse, guardando il tizio negli occhi, con aria di sfida.
Stefania non si era accorta di nulla, così Claudio pensò di offrire una visione migliore al suo spettatore, che dal canto suo, non sembrò più di tanto sorpreso. Evidentemente era abituato ad assistere agli incontri clandestini del suo capo.
Claudio fermò per un istante i suoi movimenti e senza uscire dal corpo di Stefania, le cinse la vita con un un braccio permettendole di sollevarsi un po’, in modo che il magazziniere potesse godere di uno spettacolo migliore, di fronte ai seni di Stefania che si sporgevano in avanti a cercare le carezze di Claudio.
La donna finalmente fu libera di girare la testa e baciare il suo dominatore, mentre lui continuava ad accarezzare i suoi seni e tirare i suoi capezzoli, intrecciando le lingue in una danza infernale; Stefania potè così riversare i gemiti per l’orgasmo appena raggiunto nella bocca del suo partner, evitando di urlarli al resto del mondo.
La fece chinare di nuovo, riprendendo a muoversi dentro di lei, lento ma inesorabile, portando la donna ad una dolcissima esasperazione, mentre il piacere di Claudio cresceva a dismisura osservando orgoglioso il suo sesso che scivolava come una lama nel burro, dentro e fuori, dentro e fuori, dentro e fuori… la stoffa della gonna gli solleticava la pancia e le mani correvano nuovamente a cercare un appiglio sui seni, finché Stefania scoppiò di nuovo, stringendo il sesso di Claudio in un abbraccio fradicio e caldo ma dalle strettissime spire, in cui continuare a muoversi diventava sempre più pericoloso.
E anche Claudio dovette arrendersi, quando si accorse che il magazziniere si era calato i pantaloni e aveva iniziato a giocare anche lui; non riuscì più a trattenersi, e con un sospiro che sembrava non voler mai finire, misto di piacere, soddisfazione e compiacimento per aver regalato due orgasmi alla sua partner in pochi minuti, venne, mentre Stefania potè finalmente rilassarsi, lasciandosi andare completamente sulle scatole cui era poggiata.
«Te ne devo una,» - disse Claudio, lasciando aperto un portone per eventuali visite future - «oggi abbiamo fatto a modo mio, la prossima volta faremo come dici tu.»
«Puoi contarci.» - replicò Stefania, mentre si ricomponeva sommariamente prima di andare in bagno - «e non te la caverai con così poco.»
Il magazziniere si allontanò verso il camion, mentre Claudio, senza dire altro, salì le scale e se andò.
Quando si sedette nella sua auto si ricordò del cellulare, era un sms di Manuela:
“Voglio fare l’amore davanti al nostro specchio, ti aspetto a casa.”
«Quando troppo e quando niente…» - esclamò Claudio ad alta voce, mentre ingranava la prima e partiva in direzione di casa sua.

2 hanno detto:

Anonimo ha detto...

Che dire, ho sempre creduto che il vero talento sia riuscire a spaziare in vari ambiti. Lo scrittore è il mio artista preferito a pari merito col musicista/cantante.
Chi scrive deve innanzitutto non annoiarmi con parole inutili, emozionarmi con parole utili, prendere il mio cervello e trasformarlo in un grande schermo formato cinema con annessa comoda poltrona e pop corn e dopo diverse centinaia di pagine, emozioni, colpi di scena, alla fine dello scritto lasciarmi un sorriso interno, un pò ebete, ma soddisfatto. Quel sorriso appena accennato, con lo sguardo imbecille perso nel vuoto come se Penelope Cruz mi avesse appena chiesto di uscire con lei stasera.
Credo che un racconto erotico sia ancora più difficile perchè ci sono diverse trappole da evitare come lo scadere nella volgarità.
Sei riuscita in maniera fluida a rendere la storia stuzzicante al punto giusto.
Ormai credo che possa crederti sulla fiducia.
Sei bravissima.
Franco Cifarelli

Enrica ha detto...

Grazie Franco, ma tu sei troppo buono... La narrativa erotica è tremendamente difficile, mi ci sto cimentando da poco e devo dire che forse è il genere più ostico che abbia mai affrontato :=)
Grazie ancora :*

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