15 dic 2010

Ci piacevano i gansendrosis - Luca DUCCESCHI

Autore: Luca Ducceschi
Editore: Montag
Pagine: 88
Genere: Narrativa
Prezzo: 13.00EUR

Dalla quarta di copertina: 
Noi tre ce ne andammo subito dopo il funerale. Anzi, forse sarebbe meglio dire che fuggimmo subito dopo il funerale. Lasciammo il cimitero quasi correndo, senza guardare in faccia nessuno, e ci infilammo in macchina. A dire il vero, non sono nemmeno del tutto sicuro che il prete avesse finito di contarla su. Poco male. Era tutto il resto, per noi, a essere finito.
Seconda metà degli anni novanta: è l'estate della morte di Lady D. e dei primi goal italiani di Ronaldo. Per Stefano, Marco, Gigio e Corto sarà anche l'ultima estate di un'epoca sguaiata e veloce come un assolo di chitarra, trascorsa inseguendo i miti dei vecchi partigiani e dei nuovi idoli della musica dura. Tra sbronze e fumate in compagnia, i quattro amici capiranno che certi vuoti non possono essere riempiti dalle icone sulle t-shirt e da canzoni con cui rimpiangere i bei tempi. Ma anche che in ogni epilogo può esserci un nuovo inizio, e che ogni nuovo inizio può portare a un nuovo finale...





ASPETTI GENERALI:
Storie di disagio vissute in un'apparente normalità di provincia. Tutto era più facile quando non si conoscevano le gioie e i dolori della vita, quando ancora ci piacevano i Gansendrosis. Oggi no, non è più così. A 17 anni, quasi 18, ti sembra di aver già visto e vissuto troppo, ti arroghi il diritto di fare bilanci, di dire che prima le cose erano migliori senza renderti conto che prima la vita non sapevi nemmeno cosa fosse. Oggi i Gansendrosis vanno ascoltati di nascosto, perchè a 17 anni, quasi 18, non puoi ammettere a te stesso di ascoltare un gruppo che si è venduto al migliore offerente, che ha tradito ciò che era all'inizio per inseguire il successo. Eppure i Gansendrosis ti piacciono ancora.
Dov'è che uno si sente veramente a casa? Dove abita, dove torna a dormire, oppure dove il suo cuore si apre a sentimenti sconosciuti, di riconoscenza, di amore che non chiede di essere a sua volta amato? A 17 anni, quasi 18, ancora non lo sai, ma fai di tutto per capirlo. Talmente di tutto che alla fine ci muori anche.

TRAMA
Il libro si apre con il racconto del funerale di Loris, uno dei quattro membri della piccola comitiva, dal quale l'autore prende spunto per raccontare la storia dei quattro giovani durante i suoi ultimi mesi di vita.
Loris il Corto, Marco il Vichingo, Luigi Gigio e Stefano (voce narrante, l'unico a non avere un soprannome e magari l'autore potrà spiegarci il perché) sono quattro ragazzi di 17 anni che trascorrono le giornate in un piccolo paese piemontese suonando, bevendo birra, fumando erba e ascoltando i racconti di nonno Alfredo, partigiano.
Durante l'estate del 1997 il Corto intraprende un viaggio in Olanda dal quale tornerà profondamente scosso e solo grazie all'aiuto dei tre amici che organizzano una spedizione per andarselo a riprendere.
Il viaggio ad Amsterdam è la scintilla che fa scoppiare tutto il disagio di Loris, probabilmente accumulato nel corso di tutta una vita. In Olanda Loris conosce una ragazza del luogo, se ne innamora perdutamente e dopo un periodo iniziale in cui tutto sembra andare bene le cose precipitano. Loris cade in un profondo stato di malessere dal quale non uscirà più. E proprio nel momento in cui sembra che stia per riprendersi terminerà i suoi giorni impiccandosi ad una gru di un cantiere edile. Gli amici lo vendicheranno presentandosi un paio di anni dopo al festival di Sanremo con il loro gruppo, diventato da quasi-metal a quasi-melodico per adeguarsi al mercato, in maniera piuttosto dissacrante.
VOTO PER LA TRAMA: 6/10

PERSONAGGI:
Tutti ben delineati e ottimamente caratterizzati, sia nell'aspetto fisico che negli aspetti psicologici. "Ci piacevano i Gansendrosis" è la storia di un qualunque quartetto di amici adolescenti anticonformisti di una qualunque provincia italiana del nord, dove la parola qualunque non assume una connotazione negativa ma al contrario fa intuire quanto questi ragazzi siano simili, non tanto nei comportamenti quanto nei sogni e nella rabbia, a tutti i giovani di quell'età. Un ritratto quasi perfetto dei tipici adolescenti ribelli che non hanno ancora capito da che parte stare ma che sicuramente sanno stare dalla parte giusta, difendendo ad alta voce i propri ideali e le proprie idee di uguaglianza.
Nella seconda metà degli anni novanta gli adolescenti erano facilmente inquadrabili in due categorie: quelli che andavano in discoteca, ascoltavano la techno e vestivano da zarri e quelli che a 17 anni erano già nostalgici degli anni settanta, ascoltavano il rock (o il metal), portavano i capelli lunghi e vestivano come i manifestanti contro la guerra del Vietnam. In due parole, fasci da una parte, zecche dall'altra. I quattro giovani protagonisti appartengono alla seconda categoria.
Di spicco la figura del Corto, sicuramente quello che viene maggiormente sviscerato, un ragazzo che perde i genitori in un incendio quando era molto piccolo e cresce con il nonno, portandosi dietro il peso di tutto quello che gli è sempre mancato e che i suoi amici non sono stati in grado di capire.
VOTO PER I PERSONAGGI: 8/10

SCELTE STILISTICHE
Ottimo. L'autore, sulla trentina nella vita reale, riesce a entrare perfettamente nei panni del diciassettenne voce narrante, usando uno stile fluido e mai banale, deciso ma mai eccessivamente volgare, aspro ma mai fastidioso. Quasi come se l'ottimo risultato fosse frutto di esperienze realmente vissute e di un ricordo ancora molto vivido nella memoria di Ducceschi. Si racconta di sesso, droga e rock n'roll. Banale, direte voi. E invece no. L'espediente narrativo utilizzato è di raccontare la storia direttamente al lettore, rivolgendosi a lui come se lo stesso potesse e dovesse rispondere agli interrogativi sollevati man mano. La lettura è sempre scorrevole e la brevità del libro aiuta a non mollarlo nemmeno per un attimo (io l'ho letto in un'ora), convincendo il lettore che ormai manca davvero poco per arrivare alla fine. Ho apprezzato molto la scelta dell'autore e dell'editore di utilizzare come immagine di copertina una foto di biciclette parcheggiate ad Amsterdam. Quell'immagine dice molto del libro.
VOTO PER LO STILE: 9/10

GIUDIZIO PERSONALE
Sostanzialmente positivo, perché di fondo è sempre bello leggere le storie dei giovani, di qualunque generazione. Perché alla fine si somigliano un po' tutte, cambiano gli accessori, cambiano i comportamenti, cambiano i posti visitati, ma i sogni e la rabbia come dicevo all'inizio sono sempre gli stessi. E per chi è stato costretto per ragioni anagrafiche ad abbandonare quelle velleità per dedicarsi al mutuo, alla casa, al posto fisso, ricordarsi come si era e cosa si provava fa salire un bel groppo in gola, di quelli che fanno bene.
E' un romanzo di impatto, che comunque ti lascia qualcosa dentro, fosse anche un senso di malinconia, di sconfitta, un sorriso sarcastico o una lacrima che non vuole scendere. Molto adatto a chi, come me, oggi si trova a vivere la generazione mille euro, quella dei ragazzi nati alla fine degli anni settanta che hanno vissuto la propria adolescenza nello stesso periodo dei protagonisti del libro. Personalmente mi sono riconosciuta moltissimo in quei giovani, avendo purtroppo vissuto un dramma molto simile al loro e avendo amato alla follia proprio i Guns N'Roses. E' un libro capace di risvegliare sensazioni che dormono in qualche parte del nostro inconscio e riportano a galla l'emozione che si provava nel bere una birra sotto un portico mentre viene giù un temporale, emozioni che dopo quell'età difficilmente si provano ma che ogni tanto fa un gran bene ricordare.
Non so se e quanto fosse voluto dall'autore, a me ha ricordato moltissimo lo stile di Luciano Ligabue, sia nei racconti narrati nel libro "Fuori e dentro il borgo" sia e soprattutto nelle pellicole di "Radiofreccia" e "Dazeroadieci".
Ci sono alcuni passaggi veramente deliziosi e raffinati, che condiscono sapientemente una narrazione scorrevole permettendo al lettore di fermarsi un attimo per riprendere fiato, tornando indietro a rileggere quelle righe che lo hanno colpito come un pugno allo stomaco; su altre scelte utilizzate da Ducceschi sono invece meno d'accordo, come ad esempio nel finale. Mi sembra che concludere il racconto con la partecipazione a Sanremo snaturi tutto, per due motivi: primo perché è molto poco realistico in un racconto dove invece il realismo la fa da padrone assoluto (tra l'altro si parla di una presentatrice dell'est, ma nell'edizione di Sanremo citata nel libro la presentatrice era spagnola, Ines Sastre) e in secondo luogo, cosa più importante, perché mi sembra un voler calcare la mano più di quanto fosse necessario. Che il Corto sarebbe sempre vissuto nel corpo e nella mente dei tre superstiti era già abbastanza chiaro senza bisogno di un finale pirotecnico come quello che è stato scelto.
Bella invece la narrazione della morte di Loris, sulle note di Losing My Religion dei R.E.M. e bello anche l'ultimo paragrafo, un flash sul G8 di Genova visto con gli occhi di un protagonista e non di uno spettatore.
E ora le dolenti note... da un punto di vista puramente economico mio malgrado devo essere cattiva: ritengo che 13 euro siano davvero troppi per un libro di 88 pagine che pur offrendo un'ora di piacevole lettura presenta diversi refusi di stampa (doppia punteggiatura, errato utilizzo delle maiuscole e delle doppie e via dicendo) e un'impaginazione quanto meno discutibile. Credo che la brevità del romanzo avrebbe potuto permettere un editing un po' più accurato. Tutto sommato pur essendo una lettrice di esordienti non credo che avrei acquistato questo libro se non fosse stato scritto da un utente di questo forum, il prezzo è proibitivo in rapporto al prodotto.
Diciamo che queste ultime considerazioni fanno abbassare un po' il giudizio complessivo rispetto alla media matematica...

VOTO COMPLESSIVO: 7,5/10

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