21 gen 2011

E

E soli, come ogni libro letto dal vento,
e bagnati, come ogni alba di primavera,
chiudendo gli occhi e scivolando proprio al centro.
E stracci strizzati da mani inesperte
sfibrati dal tempo, sul punto di strapparsi,
stesi a mezz’aria nella notte accesa da mille domande
con le braccia nude e il cappotto sugli occhi.
E il coltello limato sulla coscienza,
e il cerotto scartato sulla credenza.
E la spina dorsale dei pensieri sfilati dalla mente,
con l’illusione di fermarne la danza infernale
ballata al ritmo dei loro violini di sale
mentre ridono di me, schizzandosi nell’acqua,
ormai talmente conosciuti che li chiamo per nome.
E le parole uscite dallo stomaco
e vomitate nel bicchiere della sera,
riflesse nello specchio della mia arroganza
e cadute davanti ai miei piedi,
fermi davanti al muro oltre il quale vorrei andare
per seguire me stessa e ritrovare me stessa.
Ma rimango qui, a girarmi intorno,
con gli occhi pieni di sassi
e le mani piene di formiche.
E mi ritrovo a parlare nel vento
e a ridere nella pioggia,
piango al cielo
e annuso il buio,
sogno la luna oltre le sbarre,
con l’orologio ancora fermo
e il giorno che non vuole iniziare.

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