21 gen 2011

Inizio novecento

«Siamo arrivati» Lea posteggiò davanti alla vecchia villa liberty «allora, che ne pensi?».
I grandi occhi scuri di Ago guizzavano da una parte all’altra della casa. Il sole era appena calato e il crepuscolo proiettava ombre giganti tra gli alberi nudi.
«Ti sei chiesta perché una casa tanto grande costi così poco?».
«Perché la gente è idiota» rise Lea «ma noi non ci lasceremo suggestionare da una diceria popolare».
In quella casa, una sera d’inizio novecento, era divampato un incendio in cui morirono due anziani coniugi; il corpo del loro unico bambino, nato quando avevano ormai perso le speranze di diventare genitori, non fu mai ritrovato. La leggenda narrava che ogni sera la coppia tornasse tra quelle mura per cercare il figlio tanto desiderato.


Da allora, nonostante i numerosi restauri, la villa era rimasta disabitata.
Lea entrò seguita da un esitante Ago, ma appena quest’ultimo mise piede all’interno fu colto da un violento attacco di tosse.
«Tutto ok?» esclamò Lea pensando che la causa fosse la polvere.
Ago si era portato le mani al collo per sbottonare la camicia; respirava a fatica, il viso era paonazzo «Agostino, che hai?» gli toccò la fronte, era gelida, ma il suo corpo era avvolto da un turbine d’aria bollente.
«Ho caldo, tanto caldo» rispose lui fradicio di sudore, sfilandosi il maglione. La camicia si sbriciolò in un istante, formando un mucchietto di brandelli bruciacchiati sul pavimento.
«Andiamo via!» urlò Lea afferrandolo per un braccio, mentre il fumo iniziava a riempire la casa.
L’aria fresca lo rincuorò, Ago una volta in strada riprese a respirare normalmente.
«Perdonami amore, io non pensavo… » esclamò Lea incredula tra le lacrime.
Ago l’abbracciò silenzioso, mentre con un sorriso tagliente e soddisfatto osservava la casa avvolta dalle fiamme.
Abitare dove cent’anni prima aveva ammazzato i suoi genitori, rei di averlo evocato e poi rinnegato, non sarebbe stato il migliore degli auspici per la sua nuova vita di marito premuroso.

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