8 mag 2011

La chiave amaranto - Anna TASINATO




Titolo: La chiave Amaranto
Autore: Anna Tasinato
Editore: CIESSE Edizioni
Genere: Urban Fantasy
Pagine: 266

QUARTA:
Un omicidio. Licia Amaranto, la vittima. Alida De La Calla, la coinquilina, l’amica. La sospettata.
Mass media assetati di scoop, manipolazioni, verità nascoste. Un mondo celato negli scorci bui delle città d’Europa; un mondo diverso o forse altre tinte dello stesso che ognuno conosce, vive, combatte. Tradimento e fiducia, vendetta e perdono, eros e thanatos, bene e male si mescolano tra le pagine di questo romanzo fino a perdere i propri confini. E, presto, Alida si ritroverà in fuga verso la verità, inconsapevole della portata degli eventi e di cosa si nasconda dietro la chiave Amaranto.


TRAMA:
Alida De La Calla, un'immortale non del tutto vampira ma nemmeno del tutto umana, viene sospettata di aver ucciso la coinquilina, Licia Amaranto. Il delineamento del profilo psicologico di Alida viene affidato a Mirko Borgia, psicologo che lavora, inconsapevolmente, per la più nobile e importante rappresentanza della Casta dei vampiri, i Boidi.
Per una serie di circostanze contingenti, Alida e Mirko iniziano insieme un percorso che li porterà a scoprire la verità sull'assassinio di Licia Amaranto, un percorso che li vedrà braccati dai mass media, dalle autorità locali e non in ultimo dal sospetto di essere seguiti dai Boidi stessi, fino all'epilogo.

GIUDIZIO:
Ho molto da dire su questo libro, quindi mettetevi comodi. Premetto che la chiave Amaranto è un urban fantasy, genere che non amo e di solito non leggo. Parla di vampiri, e ciò ha contribuito ad accrescere il mio scetticismo. Parla di vampiri piuttosto sentimentali, e ciò ha contribuito ulteriormente ad accrescere il mio scetticismo.
In questo caso ho fatto un'eccezione, un po' perché c'è di mezzo molto thriller, un po' perché conoscevo l'autrice e sapevo che il suo stile di scrittura mi piace. E non mi sono sbagliata. 
La chiave Amaranto è un libro che si legge tutto d'un fiato, e indubbiamente trae la propria forza soprattutto dallo stile narrativo, che si rivela frizzante, dinamico e soprattutto credibile. La storia è avvincente e l'autrice è brava a creare un'atmosfera coinvolgente e molto suggestiva, al punto che la voglia di chiarire molti concetti che appaiono un po' sfocati passa in secondo piano, sovrastata dalla voglia di vedere come va a finire. 
Mi è piuttosto difficile dare un giudizio sulla credibilità delle vicende, poiché sono totalmente ignorante in materia di fantasy, sia esso urban o tradizionale, ma certo è che non ho potuto fare a meno di notare qualche "piccola" somiglianza con l'ormai famigerato Twilight.
Anna Tasinato ci ripropone i vampiri glitterati (i suoi hanno pure le Luis Vuitton) allargandone il concetto: creature che si nutrono solo di sangue animale e considerano gli umani come fratellastri. Le uniche differenze che mi sono saltate agli occhi sono che  mentre in Twilight quella di essere vampiri "vegetariani" è una scelta di una singola Famiglia, per la Tasinato diventa una scelta che l'immortale compie razionalmente dopo la Conversione, andando così a creare una nuova figura fantasy, quella dei Senza Nome, o semplicemente Immortali. Ciò non toglie però che anche i succhiatori di sangue animale mantengano sempre vivo il desiderio di addentare gli umani e lottano continuamente contro il proprio istinto, esattamente come succede in Twilight...
L'altra differenza riguarda gli occhi. Quelli della Tasinato non  diventano dorati, almeno. 
Ma come in Twilight (se lo dico un'altra volta, uccidetemi) i vampiri vegetariani sono molto meno forti di quelli tradizionali, e come in Twilight (sono morta) mantengono delle abilità superiori, ossia sensi acuiti, velocità, capacità di sopravvivere in situazioni estreme, forza e chi più ne ha, più ne metta.
Se da una parte mi sento frenata nell'esprimere un giudizio sulla parte puramente fantasy, dall'altra posso dire cosa non mi convince della parte thriller. D'altronde sono una rompicoglioni, e questo si sa.
Tutta la parte che si svolge a Venezia, per esempio, a un occhio abituato a leggere thriller e perciò molto attento ai dettagli e alle incongruenze, presenta delle sbavature. 
Per esempio quando Ciano, un immortale amico di Alida, spiega ai due protagonisti il movente dell'omicidio Amaranto. Si parla di similitudini tra il mondo della filosofia hegeliana e quello dei vampiri, che appaiono però poco chiare e che avrebbero meritato un approfondimento maggiore, visto che si riveleranno poi essere la chiave per capire in quale direzione muoversi per scovare il vero assassino. 
Ci sono dei passaggi poco verosimili per quello che riguarda le capacità dello psicologo Mirko, che per quanto possa essere un bravo pilota non credo che riuscirebbe a guidare con tanta abilità un motoscafo per le strette calli di Venezia, solo con una sommaria infarinatura da parte di Ciano, durata pochi minuti. 
Mi è sembrato poco verosimile che i due siano riusciti a entrare in casa dei parenti di Licia, considerando che: 1) erano ricercati da tutte le autorità 2) la casa dei famigliari della vittima è costantemente tenuta sotto osservazione e non in ultimo, mi è sembrato assai strano che 3) nel momento in cui il motoscafo di Ciano è stato ritrovato nella "zona rossa", le autorità non abbiano approfondito la cosa recandosi a casa di Ciano, dove erano nascosti i due fuggitivi.
Un altro aspetto che non mi ha del tutto convinta è la passività con cui Alida sembra accettare gli eventi. Quando scopre che Licia era a conoscenza della sua vera identità, la sua prima (e unica, per molte pagine) reazione è quella di sentirsi delusa e amareggiata per il tradimento subito. Io, mentre leggevo, la prima cosa che mi sono chiesta è stata un'altra: come faceva Licia a conoscere la verità? Purtroppo però questo dettaglio viene svelato solo molte pagine dopo, e fa perdere un po' di credibilità alla storia. 
Il fulcro della storia,  ossia il contatto con il misterioso tedesco cacciatore di vampiri, appare piuttosto vago. Le motivazioni con cui viene spiegato l'astio del crucco non sembrano abbastanza convincenti da giustificare tutto quello che mette in piedi per attirare Alida nel suo laboratorio.
La caratterizzazione dei personaggi è buona, anche se un po' stereotipata. Alida è un Edward Cullen al femminile: apparentemente dura come il granito, determinata e fredda ma in realtà profondamente nostalgica di una vita umana, desiderosa di amare e di essere amata. Mirko, lo psicologo che per seguire la bella mezza-vampira lascia la sua vita quotidiana, è bello, buono, intelligente e ha un sacco di doti nascoste. Il finale però è degno del più rosa degli Harmony. 
La prima parte, fino al viaggio di Alida a Dusseldorf, mi ha convinta più della seconda, che mi è apparsa troppo macchinosa ma allo stesso tempo poco approfondita. Come se l'autrice avesse fretta di giustificare tutta la vicenda e avesse calato un po' l'attenzione verso i dettagli.
Insomma, se sommo tutti gli aspetti che non mi convincono di questo libro, razionalmente dovrei dire che non mi è piaciuto per niente. Invece no. Il libro mi è piaciuto, altrimenti non avrei passato un pomeriggio e una sera sul divano a leggerlo. D'altronde è l'autrice stessa a calcare la mano sui contrasti all'interno del libro, e il suo libro per me è tutto un contrasto. Non mi piace, ma mi piace.
Indubbiamente consigliato a chi ama le storie della famiglia Swan-Cullen, a chi ama le storie a lieto fine, a chi ama leggere un testo frizzante e scorrevole. 
E indubbiamente, come prova d'esordio, mostra tutte le potenzialità di una bravissima autrice. Credo che tre quarti (forse quattro quarti) della riuscita del libro sia merito del suo stile.

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