11 ago 2010

Buon compleanno

Eccomi, ora mi sentirà strisciare ai suoi piedi. Era da qualche giorno che le ero vicina, sapeva, sentiva che stavo per arrivare, la conosco troppo bene ormai. Ora starà pensando che forse dovrebbe calpestarmi, allontanarmi con un calcio magari, ma non ha voglia di farlo. E’ uno di quei momenti così, quelli in cui le piace stare ferma dopo tanto movimento, e si lascia avvolgere dalle mie spire strette e grigie, fino quasi a sentire dolore.
Io lo capisco quando sta così, lo sento, ed è in questi momenti che provo a conquistarla, quando si sente debole, fragile, sola, lasciva. Quando la vedo seduta davanti al camino acceso con un bicchiere di vino rosso mezzo vuoto a lasciare che il vento legga quel libro che non ha voglia di terminare.
Prova a muovere le gambe ma senza convinzione. Si lascia andare ad un lungo sospiro, quasi a volersi giustificare per aver ceduto alle mie lusinghe. E finalmente posso riportarla indietro per qualche momento, stanotte ha deciso di lasciarsi andare alle mie carezze morbide, ai miei baci liquidi. Quanto vorrei che accadesse più spesso...
Mi infilo sotto al maglione di ciniglia sussurandole tante cose all’orecchio, lei me lo lascia fare; sa già che tra poco me ne andrò senza aver ottenuto quello che voglio. Ma cosa voglio davvero?
Non lo so, ma non mollo la presa, non ora.
Le parlo di emozioni, di un vetro appannato dai respiri di un sesso viscerale e profondo, le parlo di mancanze, di assenze, di colori forti lavati dall'acqua dell'incoscienza, le parlo d'amore; i ricordi sono il mio unico nutrimento.
Lei che vive costantemente nel presente, quasi rassegnata alle cose che cambiano, alle nuove certezze che ogni giorno vengono fuori, lei che ha deciso di smettere di lanciare quel boomerang che la gente chiama emozione, lei che nonostante tutto sa bene cos’è l’amore.
"Ti prego, raccontamelo ancora, come facevi qualche tempo fa."
Quell'assurdo meccanismo che porta alla follia, all’annullamento di qualunque volontà che non sia quella dei due amanti. Si, amanti, amanti innamorati del loro niente.
Quanto sono cresciuta grazie a quell’amore grande, grandissimo, quell'amore che scivolava lungo le strade umide delle sere d'autunno, che non girava mai la testa a guardarsi indietro, quell'amore che cresceva sui sedili di un'utilitaria blu sotto la luce arancione di un lampione di periferia. Erano i giorni in cui i suoi occhi avevano preso il colore del cielo a forza di guardarlo, quegli stessi occhi troppo spesso impegnati a vomitare acqua salata. Un amore scivoloso di sudore che sapeva ridere di sè, che inciampava di continuo lungo il sentiero della ragione. Lei sapeva che era un amore sbagliato, un amore che non aveva mai visto la primavera e che mai l'avrebbe vista, un amore nato con le stelle cadenti che non sarebbe mai riuscito a rialzarsi.
Ma era un amore che annullava i sensi di colpa, che non si faceva la barba e non si metteva il fondotinta. Era un amore che si trascinava dietro una valigia carica di parole non dette che con il tempo è diventata troppo pesante per essere trascinata ancora.
Così sono arrivati i miei giorni, quando quell' amore è volato via per tornare a fare compagnia ai pezzetti di cielo caduti in quella sera di inizio settembre, ed eravamo solo io e lei, riuscivo ad averla tutta per me, soltanto per me, per giornate intere. Cercavo di ricostruire la sua iride con qualche pezzetto di terra ma i suoi occhi non riflettevano più nessuna emozione.
So che non potro’ mai viverlo, l’amore, anche se vorrei tanto, e non potrò mai raccontarlo a nessuno, potrò solamente sperare che qualche altra stella cada su qualche altra spiaggia, prima o poi.
Non ho scelto io di vivere costantemente nel passato, nel languore dei ricordi, nella dolcissima crudeltà della memoria; non so cosa sia l’oggi nè voglio immaginare come sarà il domani.
Io nasco solo in seguito ad un ricordo felice, per me non esistono brutti momenti, quelli li lascio agli altri. Questo e’ il mio compito, ma lei non me lo lascia più fare, non fino in fondo. A volte mi sembra quasi di riuscirci, di sollevarla dal pavimento a cui si è ancorata, ma poi mi accorgo che è solo un piccolo salto, mai un lungo volo.
Ma cosa c'è di così tanto sbagliato nel lasciarsi andare ai ricordi felici? Perchè lei non ci riesce più?
Ma perchè ogni volta che provo a riportarle alla mente uno di quegli attimi di infinito quasi meccanicamente e senza alternativa si mette davanti agli occhi la sofferenza che ha provato, le immagini più feroci, le lacrime più aspre? Sembra quasi che per ogni istante felice trascorso durante quei mesi ce ne sia uno di dolore che è sempre un istante più lungo.
Provo a giocare la mia ultima carta.
La stringo un po’ più forte ora, le sussurro piano "buon compleanno”, lei sa.
La guardo mentre sono ancora aggrappata al suo collo, mi allarga un sorriso materno, quel sorriso di chi sa già che qualunque altra cosa dirò non cambierà nulla.
Quel sorriso di chi sa già tutto quello che stanotte vi ho raccontato di lei, e non se ne preoccupa.
Perchè sa anche che tutto quello che ho detto, sebbene sia vero, non lo è.
Mi scansa, muove un braccio, poi l’altro, si scrolla di dosso il mio odore e mi guarda mentre me ne vado con la coda tra le gambe.
Forse quello che c’è ora nei suoi occhi è l’amore, ma io sono solo la malinconia, e non lo scoprirò mai.

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