11 ago 2010

Maschere

Caterina dice che aspetta ogni mercoledì a partire dal mercoledì sera. Che è il suo piccolo momento di piacere. Io non mi faccio illusioni, però: dice tante cose. Quando arrivo ha già messo al loro posto i pezzi sulla scacchiera e i cuscini, visto che giochiamo sul pavimento e ogni partita dura un’ora o più.
“Non tocca a me il nero” faccio, come ogni volta.
“Si invece” dice lei, accarezzando i suoi pedoni bianchi come se fossero un piccolo esercito del bene.

Le concedo la prima mossa. E mentre deciderà quale pezzo muovere avrò tempo di scegliere la maschera da indossare per prima.
Versa due bicchieri di rosso, di quello buono. Poi muove un pedone di due caselle.
Il mio nanetto nero scruta il pallido rivale dall’alto in basso, impedendogli di avanzare.
Uno dei suoi due cavalli salta lo steccato dei pedoni, ma difenderò il Re a tutti i costi.
La prima maschera che metto è quella dell’uomo di mondo.
Così sorseggio un po’ di morellino, soppesando il bourgogne nel palmo della mano come farei con uno dei suoi seni.
“Un Moris del 2006. Un po’ troppo strutturato ma indubbiamente ottimo. Lo tenevi in serbo per un’occasione importante?”
Caterina non risponde, riflette sulla prossima mossa mentre si muove disinvolta tra la vendetta e l’attesa.
Libero la Regina. Prossima identità: l’inguaribile romantico.
“E’ bello che questa passione continui ad unirci anche ora, non trovi?”
Un sorriso sarcastico distorce la sua espressione attenta.
Beve anche lei, accende una sigaretta.
Le boccate di nicotina brevi e rapide mi confermano che ho fatto centro.
Caterina muove una torre, poi mi squarcia l’anima con una lama di sottile ironia.
“E’ un po’ triste pensare che l’unica cosa che ci unisce sono gli scacchi. Non trovi?”
Sfioro appena la criniera del cavallo, indeciso su cosa fare. Ma lei non mi da tregua.
“Pezzo toccato, pezzo mosso. E’ la regola.”
“E va bene, l’hai voluto tu. Dammi quello stupido pedone.”
Non faccio in tempo ad ingrossare le fila del mio esercito di prigionieri che la sua torre è già sopra la mia Regina.
L’ho persa.
Sono bastate poche mosse, pochi istanti di impulsività.
“Sei ingiusta. E’ stato solo un minuscolo errore.”
“Anche la più piccola distrazione può avere conseguenze devastanti. Dovresti saperlo.”
Bevo ancora un goccio. Sono pronto per la prossima mossa; svesto i panni del bambino lagnoso per indossare quelli dell’adulto insicuro.
“Guarda il Re, Caterina. Non ti sembra triste senza la sua Regina?”
“Non mi pare. Ora tutte le attenzioni sono concentrate su di lui. Non è questo che ha sempre voluto, il Re? E poi sono sicura che la torre arroccherà immediatamente, pur di difenderlo.”
La linea nemica resiste. Alzo il sipario sul prossimo atto e l’adulto insicuro diventa un improbabile penitente.
“Il Re è nudo senza la sua Regina.”
“Il Re era nudo anche prima. Solo che nessuno se n’era mai accorto, perché viveva all’ombra della sua compagna.”
Mi hai colpito, ma non mi affonderai. Non è battaglia navale, questa.
Passano i minuti, studiamo le prossime mosse. E’ lei ad aprire una crepa nel muro di silenzio che abbiamo alzato, una crepa che sputa rancore e incapacità di perdonare.
“Senza la Regina, il Re dovrà faticare molto di più per sopravvivere.”
Frugo nelle tasche, cercando una nuova maschera da indossare, trovo quella dell’umiltà.
“Credo di aver sbagliato tutte le mie mosse.”
Intravedo la mia Regina nera che agonizza ai piedi della scacchiera, dietro la mano trionfante di Caterina.
Con un gesto rapido la prendo tra le dita, l’accarezzo.
“Ridammi la Regina, Cate.”
“E’ tardi, dovevi pensarci prima.”
“Ti darò tutti i pezzi che mi sono rimasti pur di riaverla. Ti supplico, ridammela.”
“Nessuno può cambiare le regole del gioco, nemmeno tu, Andrea.”
Scacco al Re.
Richiamo i superstiti: il rifugio delle menzogne arrocca immediatamente per proteggere il suo Re; la Regina delle premonizioni indietreggia di fronte all’arroganza.
E’ il turno dell’orgoglioso alfiere, che termina la lunga corsa da vero eroe, fagocitato dalle mura di Caterina.
Muovo il cavallo esattamente al centro della scacchiera, a creare un raggio di protezione che mi dia tempo di organizzare la difesa.
Mi gioco l’ultima maschera, quella dell’uomo pentito.
“Ho capito la lezione, Caterina, sono cambiato, te lo giuro.”
“Basta Andrea. Non costringermi a mandarti via.”
Il Re non intende abdicare, non vuole arrendersi. Ma è affannato.
La candida Regina avanza inesorabile, eliminando pian piano tutti i suoi nemici.
Il Re continua a impartire ordini, urla ai sudditi dove posizionarsi, corre a perdifiato tra le file dei reduci, ma sono tutti troppo piccoli per riuscire a nascondere la sua regale presunzione.
Guardo la montagna di maschere sgualcite, capisco di non averne più.
"E’ davvero questo ciò che vuoi? Devi solo chiedermelo, non intendo elemosinare la tua compagnia."
"Io so rinunciare a un piccolo piacere in cambio della mia dignità."
E il tono con cui pronuncia quell’io non mi lascia scampo.
Continuo a muovere il Re, assediato e sull’orlo di una crisi di pianto, tentando in vano di sfuggire agli sguardi glaciali di Caterina.
Dietro alla trincea dei miei sciocchi pedoni la Regina bianca guarda, colma di riconoscenza, l’inarrestabile avanzare del suo alfiere.
Un brivido di improvvisa consapevolezza blocca la mia mano sulla scacchiera.
“Fai sempre lo stesso errore, Andrea. Ti concentri troppo sul Re e trascuri tutto il resto. Se fossi stato un po' più attento alla torre, se avessi pensato un po’ di più a proteggere la Regina... magari ora sarebbe ancora con te. E magari non avresti perso.”
Scacco matto.

0 hanno detto:

Posta un commento