11 ago 2010

Orbene, chi pensate ch'io sia?

“Basta, per la miseria. Smettila di dire cazzate! Ma non ti rendi conto di essere solo un vecchio represso? Un maledetto nostalgico del cazzo che si nasconde dietro paroloni altisonanti, con l’unico risultato di apparire pateticamente inutile.
Svegliati!
Il mondo è cambiato, è andato avanti, ma come fai a non saperli prendere? Non dovrebbe essere difficile. Ormai sono tutti uguali.

Anzi no, scusami, non sono tutti uguali, sono inquadrati in due categorie ben precise: quelli che hanno un avatar con qualche orrenda creatura della notte, tormentati, infelici, incompresi ed incazzati con tutto e tutti, e quelli che hanno un avatar con i cuoricini, che vanno al cinema a vedere i film di Moccia, si mettono i jeans stretti alle caviglie e con le converse stellate ai piedi pensano di poter girare il mondo nutrendosi solo di taaanta amicizia e taaanto amore.
Sia chiaro, non è detto che i Notturni non indossino converse e jeans stretti, loro sono tormentati dentro, non fuori, ma sicuramente i Moccini non inneggerebbero mai al taglio delle vene nei polsi, tranne quando soffrono per amore, ma quello è un altro discorso. O no? 
Ok, forse avevo ragione prima. Sono tutti uguali. 
Ma sono uguali tra loro almeno quanto sono uguali a quei “noi” della loro età. Perché scuoti la testa? Cosa c’è di tanto diverso tra noi e loro? Te lo dico io, niente.
Noi avevamo i Led Zeppelin e loro hanno i Tokio Hotel, ma i nostri genitori dicevano esattamente le stesse cose che diciamo oggi noi a loro; perché impazzite per quattro capelloni truccati senza voce che non sanno nemmeno cosa significhi fare musica?
Eppure oggi c’è ancora qualcuno che ascolta i Led Zeppelin, e allora le cose sono due: o i nostri genitori non ci capivano un cazzo, e questo implica che PERLOMENO dobbiamo concedere alla nostra convinzione il beneficio del dubbio, oppure quelli che non ci capiscono un cazzo sono i ragazzi di oggi che ancora ascoltano i Led Zeppelin e questo significa che noi che li abbiamo ascoltati ed adorati non ci capiamo un cazzo.

Ridi eh? Ti sembra così strano che in entrambi i casi sia necessario metterti in discussione?
Possibile che in quasi trent’anni di carriera tu non abbia ancora imparato a trattare con loro?
Sei un vecchio matusa.
Sei la classica figura che si presta alla presa per il culo, che non serve assolutamente a nulla se non a mantenere lo stereotipo del professore noioso e facilmente rimpiazzabile.
E’ questo che vuoi essere? Vuoi che tra dieci o quindici anni i tuoi ragazzi pensando a te diranno “Ma quello sarà morto da un pezzo! Capirai, era già vecchio quando stavamo a scuola...”?
Se è questo che vuoi ci stai riuscendo benissimo. Ma hai solo mezzo secolo, c’è gente che alla tua età si iscrive per la prima volta ad un corso di salsa, la vita può ancora riservarti molte sorprese, sempre se deciderai di smetterla di scrivere “orbene” e “ch’io”.
Il mese scorso, ad esempio, quando Martina è venuta a trovarti, te la ricordi? Quando frequentava la quinta C lei e Righetti erano le uniche due Martine della scuola, oggi ce ne sono almeno un paio per classe. Ma quante di loro torneranno da te tra qualche anno con l’entusiasmo negli occhi solo per dirti che hanno scritto un libro? Sei un matusa senza cuore, l’hai illusa chiedendole il titolo, l’editore, dicendole che appena finita la lezione saresti andato a comprarlo e invece non l’hai fatto, hai passato tutti i pomeriggi a casa a rincoglionirti su Facebook, spiando la vita privata dei tuoi studenti, fondando gruppi contro la Gelmini, mentre avresti potuto occupare il tuo tempo per leggere “Cronache di una donna uscita indenne dall’adolescenza”; dai ragazzi si impara sempre molto sui ragazzi.
E’ facile urlare la tua protesta da dietro uno schermo, non è vero? Ti sei imborghesito, sei diventato esattamente come tutte le persone che hai sempre criticato.
Magari la Gelmini quel libro lo ha anche letto.
Dovresti vergognarti.
Ti lamenti che i ragazzi non sanno più scrivere, non si interessano più a niente che non siano veline e tronisti, ma come pretendi che crescano fidandosi dell’arte se il loro professore di lettere non ha nemmeno il buon senso di comprare i libri che scrivono?

Dovresti smetterla anche di pensare che abbandonare le velleità medievali di cui ti circondi possa intaccare la tua invulnerabilità. Se qualcuno ti vedesse veramente invulnerabile, stai tranquillo che ci sarebbe già stato qualcun altro che pur di smentirlo ti avrebbe combinato qualche casino... che ne so, ad esempio bucarti le gomme dell’automobile. Oppure farti lo sgambetto per le scale.
Invece guarda cosa sei, sei solo, solo come un vecchio matusa che si rincoglionisce tutti i pomeriggi davanti al pc.
Come dici? Te l’ho già detto? Beh, te lo ripeto, visto che vecchio come sei potresti essere già mezzo sordo ed avere problemi di memoria breve.
Ma no, no che non ce l’ho con te. Se ti dico queste cose è perché ti voglio bene, e vorrei vederti felice dentro quella scuola, almeno per un giorno, per una cazzo di volta.
Mi fai pena, sai?
Anzi no, non mi fai pena. Sei talmente insignificante che non susciti nessun sentimento, nemmeno la compassione.
E togliti dalla faccia quell’espressione sconsolata, l’autocommiserazione non ha mai portato niente di buono a nessuno.
Anzi, sai cosa facciamo ora? Iniziamo a cambiare l’involucro per rendere più appetibile il contenuto.
Dove tieni il rasoio elettrico? Non ce l’hai? Beh, dovevo immaginarlo, un vecchio matusa come te userà solo pennello e lamette.
E già che ci sei, datti una spuntatina anche alle basette.
Vedi? Sembri già più giovane.
E questi capelli, ti prego... Non li porta più così nemmeno il nonno di Matilda. Ma stai fermo con le forbici, non peggiorare la situazione, ravviali con la mano, ecco, così, spettinali un po’.
Ti vedo contrariato; che c’è, non sei in grado di reggere il confronto con un uomo più giovane? O magari sono io a darti fastidio?
Che stai facendo?
Vuoi dimostrarmi che il tuo vecchio braccio è ancora forte abbastanza per reggere il peso di quel martello? E’ un buon segno, stai iniziando a reagire.
Ah no, ci risiamo. Dio mio, che palle.
Non stupirti se non vedi sgorgare il sangue, se non urlo e non strepito, non è la prima volta che provi a farmi fuori, ormai dovresti essere abituato al fatto che tanto prima o poi mi rincontrerai.
Hai provato ad affogarmi in mare aperto, a buttarmi fuori dal finestrino di un treno in corsa, mi hai persino buttato nel cesso una volta, dopo avermi fatto a pezzi.
Ma a cinquant'anni suonati ormai dovresti sapere che rompere uno specchio non serve a niente.

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